Guida completa alla durata, forma e registrazione del contratto di locazione ad uso abitativo e le fasi per avviare uno sfratto.
Per contratto di locazione ad uso abitativo si intende un tipo di contratto per cui, dietro il pagamento di un corrispettivo mensile, un soggetto (locatore) cede il godimento di un bene immobile ad un soggetto terzo (conduttore), per l’utilizzo dello stesso come abitazione.
Durata contratto di locazione ad uso abitativo
La durata di un contratto di locazione è un parametro fondamentale per determinare il modello di contratto.
Esistono infatti tre tipi di contratti di locazione ad uso abitativo:
- contratto di locazione a canone libero: le parti determinano liberamente il prezzo del canone di affitto e altre clausole. La clausola vincolante è che il contratto duri minimo 4 anni, rinnovabile per altri quattro;
- contratto transitorio: stipulato per venire incontro ad esigenze temporanee di una delle due parti, senza impegnarsi per un lasso di tempo lungo;
- contratto di locazione concordato (3+2): della durata minima di 3 anni, rinnovabili automaticamente di 2 anni.
Forma contrattuale
Nonostante il Codice Civile non preveda un obbligo di forma scritta per i contratti di locazione di durata inferiore ai nove anni, l’art. 1, comma IV, della Legge 431/98, prevede, invece, che per le locazioni ad uso abitativo sia prevista obbligatoriamente la forma scritta. In caso di accordo orale la forma del contratto è da considerarsi nulla.
Registrare il contratto di locazione ad uso abitativo
Il contratto necessita di essere autenticato entro un periodo di 30 giorni dalla sua conclusione; l’autenticazione avviene presso l’Ufficio delle Entrate dove vengono versate l’imposta autenticativa e l’imposta di timbro, direttamente o attraverso un rappresentante designato (tipicamente, un consulente fiscale). Le spese relative all’autenticazione sono divise tra le parti in maniera equa (art. 8 legge 392/1978). La mancata autenticazione del contratto lo rende inefficace.

Problemi e soluzioni legale al contratto di locazione di un’abitazione
Queste basilari nozioni servono per avere chiaro che non sempre è possibile sciogliere il vincolo che lega il proprietario dell’immobile all’inquilino che lo occupa, ma è necessario che ci si trovi in alcune situazioni e si verifichino precise condizioni, che analizziamo di seguito.
Il contratto di locazione è scaduto, ma l’inquilino continua a rimanere nell’immobile.
Questa ipotesi dà luogo a quello che viene definito “sfratto per finita locazione” che può essere avviato quando, dopo la regolare trasmissione della disdetta, l’inquilino continua ad occupare l’immobile.
Ecco però alcune questioni a cui fare particolarmente attenzione:
a) Verifica la scadenza del contratto. La legge prevede che è possibile trasmettere validamente la disdetta solo nell’ipotesi in cui stia per scadere il secondo periodo della durata complessiva del contratto, la c.d. “seconda scadenza”.
Quindi, per esempio, se il contratto è stipulato per la durata di 4 anni, rinnovabile di altri 4, potremo trasmettere la disdetta – senza necessità di motivare la nostra scelta – entro i 6 mesi prima della scadenza dell’ottavo anno.
Per poter trasmettere la disdetta nel primo periodo di riferimento, invece, sarà necessario che si verifichino tassativamente le condizioni di cui all’art. 3 della legge 431/1998.
b) Verifica di aver correttamente trasmesso la disdetta. La disdetta – cioè l’atto tramite il quale comunichiamo ufficialmente che il contratto non sarà più rinnovato – deve essere trasmessa all’inquilino a mezzo raccomandata a/r presso la sua residenza, entro il termine previsto dal contratto di locazione che, di solito, è pari a 6 mesi.
Attenzione: il termine si deve calcolare in base al giorno in cui la comunicazione della disdetta viene consegnata all’inquilino, non quando l’abbiamo spedita, un errato conteggio comporterebbe la possibilità del rinnovo tacito del contratto.
2) L’inquilino non paga l’affitto.
Nel caso in cui invece il conduttore dell’immobile non paga l’affitto, sarà possibile procedere allo “sfratto per morosità”, con lo scopo di sciogliere il vincolo contrattuale ed ottenere nuovamente il possesso dell’immobile.
Anche in questo caso è necessario fare alcune precisazioni.
a) È sufficiente un solo canone non pagato per procedere. L’art. 5 della legge 392/1978, stabilisce che il mancato pagamento anche solo di un canone di locazione consente di avviare la procedura.
b) Non è possibile procedere immediatamente. All’inquilino è concesso un periodo di tempo, pari a venti giorni dalla data in cui avrebbe dovuto effettuare il pagamento, per evitare di diventare moroso. Se il pagamento interviene nei venti giorni successivi alla data indicata nel contratto, quindi, non sarà possibile procedere all’intimazione di sfratto.
3) L’inquilino non paga gli oneri condominiali.
Nel caso in cui il conduttore dell’immobile paga l’affitto, ma non gli oneri condominiali, sarà comunque possibile procedere allo “sfratto per morosità”. Tuttavia, è bene tenere a mente che:
a) Attenzione agli importi da versare. Per poter procedere, è necessario che l’importo degli oneri condominiali non pagati sia almeno il doppio del canone di locazione mensile versato.
b) Anche in questo caso, non è possibile procedere immediatamente. All’inquilino è concesso un periodo di tempo, pari a venti giorni dalla data in cui avrebbe dovuto effettuare il pagamento, per evitare di diventare moroso. Se il pagamento interviene nei venti giorni successivi alla data indicata nel contratto, quindi, non sarà possibile procedere all’intimazione di sfratto.
In ogni caso, è bene – nonostante ricorrano queste condizioni – anticipare la procedura di sfratto da una lettera di messa in mora tramessa dal legale di fiducia.