L’indennità di accompagnamento è un sostegno economico (pari ad € 542,02 per l’anno 2025), riconosciuto a coloro che non sono in grado di deambulare autonomamente o di compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza.
In molti pensano che il fatto di essere sottoposti a chemioterapia determini automaticamente il diritto a percepire questa indennità, ma purtroppo non sempre è così.
Infatti, i trattamenti medici finalizzati a curare le malattie neoplastiche possono determinare effetti collaterali devastanti che incidono sull’autosufficienza della persona, ad esempio fatica estrema, nausea e vomito, dolori muscolari e articolari, difficoltà cognitive (come perdita di memoria o problemi di concentrazione), infezioni frequenti dovute a un sistema immunitario indebolito.
In altri casi invece provocano effetti più lievi o addirittura nessun effetto collaterale.
Per ottenere l’indennità di accompagnamento quindi si deve dimostrare che il trattamento chemioterapico compromette gravemente la capacità di svolgere autonomamente le attività quotidiane della vita.
Cosa dice la giurisprudenza sul punto?
La Cassazione ha chiarito che non è il tipo di malattia o trattamento a determinare il diritto, ma le effettive condizioni di non autosufficienza del soggetto.
Per riconoscere ai pazienti neoplastici l’indennità di accompagnamento sarà necessario effettuare una valutazione clinica oncologica che precisi la natura della patologia e il decadimento psico-fisico in atto, anche avvalendosi del supporto tecnico della così detta “scala di Karnofsky”, un indicatore numerico di valutazione sanitaria che misura la performance del paziente e valuta le sue condizioni generali.
Questo indicatore è utilizzato per valutare la qualità della vita del paziente e determinare il grado di autonomia e indipendenza, nonchè in ambito oncologico per monitorare la progressione della malattia e l’efficacia dei trattamenti.
Un punteggio pari o inferiore a 40 dà diritto all’indennità di accompagnamento.
In conclusione, il giudizio medico deve tenere in considerazione non solo la patologia ma anche gli effetti collaterali invalidanti del trattamento chemioterapico.
Tant’è vero che di recente la Corte di Cassazione ha ribaltato un caso deciso dal Tribunale di Bari riconoscendo il diritto del ricorrente a percepire l’indennità di accompagnamento almeno per il seppur breve periodo (3 mesi) in cui era stato sottoposto a Chemioterapia (sentenza n. 11302 del 29.04.2025).
In concreto, come si ottiene l’accompagnamento?
Qualora gli effetti collaterali del trattamento siano tali da determinare la non autosufficienza della persona è comunque necessario seguire la consueta procedura per chiedere alla commissione medica I.N.P.S. di accertare la sussistenza dei requisiti sanitari e il conseguente diritto ad ottenere il beneficio economico.
Per prima cosa il cittadino deve chiedere al proprio medico di base il certificato medico telematico che ricostruisce la storia medica del paziente, che potrà comprendere anche il piano terapeutico predisposto dall’oncologo.
Una volta in possesso del certificato prodotto dal medico di famiglia e dalla relativa ricevuta di invio telematico è possibile presentare la domanda amministrativa attraverso il servizio dedicato con accesso al portale INPS oppure tramite enti di patronato o associazioni di categoria dei disabili.
Alla visita medica è necessario produrre tutta la documentazione medica e in caso di mancato riconoscimento dell’indennità di accompagnamento si consiglia di chiedere un parere medico-legale ad uno studio che si occupa di diritto previdenziale per valutare l’opportunità di promuovere un ricorso giudiziario da avviare entro 6 mesi dal giorno in cui si è ricevuto il verbale dall’I.N.P.S.